L’Ang[e]lo e l’Ang[o]lo

Che cos’è il limite? Cosa significa nella vita quotidiana, o nelle scienze? Il limite è una magia perché in sé ha tutto e niente, può delimitare o aprire, apparire o far scomparire, inglobare o espellere

Un giorno quasi per caso, ci ritroveremo tra gli Angeli, compresi quelli caduti, mentre altri esseri si ritroveranno a porre la loro pietra angolare sul nostro pianeta. Non sappiamo cosa veramente accadrà perché chi è andato avanti ha oltrepassato un limite a noi sconosciuto e chi è arrivato l’ha passato senza memoria. In qualche maniera bisogna prendere atto che è proprio la parola limite a trainare consciamente o inconsciamente i nostri pensieri che tendono all’infinito o al finito proprio come viene teorizzato nelle materie scientifiche dove la matematica è la centralina che illumina tutta quest’area di studio. Più precisamente la definizione e operazione del passaggio al limite consente di determinare il valore cui tende la funzione nell’intorno di un punto o all’infinito; in entrambi i casi l’immagine ammetterà soluzioni e quindi la sua esistenza. La realtà è valida per entrambe le situazioni e questo può farci solo riflettere sul profondo significato che assume oltre la definizione scientifica perché ciò che siamo e ci circonda è un caso limite, una zona di continui passaggi e mutazioni dove il passato, il presente e il futuro perdono la loro identità lasciando spazio a una sospensione che può non finire mai. Il limite è una magia perché in se ha tutto e niente, può delimitare o aprire, apparire o far scomparire, inglobare o espellere. Quando limitiamo un qualcosa cercando di dargli una forma, in verità lo stiamo confinando in se stesso senza nessuna opzione di modifica. Se invece, lasciamo che il limite sia varcabile, quella stessa forma può cambiare, rimodellarsi evolvendosi, o degenerare fino a sparire.

La matematica e insegnante Emma Castelnuovo, basandosi proprio sul caso limite e l’importanza del movimento delle figure geometriche, descrisse tutto questo attraverso un gioco che faceva sempre, usando un semplice spago legato che teneva tra le dita; avvicinandole o allargandole formava tanti rettangoli e un quadrato e poi chiedeva: «il perimetro di queste figure è sempre uguale, e l’area resta uguale? Provate a rispondere…». La risposta era: «sì, l’area è sempre uguale perché lo spago è lo stesso e quello che va via da una parte si recupera dall’altra ». E allora le sue dita si stringevano sempre di più fino ad arrivare al caso limite quando lo spago si riduceva a due segmenti sovrapposti. Nel suo insegnamento alle scuole medie Tasso di Roma, Emma Castelnuovo aveva rivoluzionato il modo di percepire la matematica collegandola direttamente all’intuizione e alla creatività. Per ogni tema trattato, il legame con la realtà era fortissimo, mentre i calcoli venivano dopo. Attraverso queste esperienze concrete, a metà del Novecento, nelle sue lezioni si divulgava una matematica “alta” in cui si affrontavano il grande e l’infinito, ma anche il piccolo e l’infinitesimo attraverso ragionamenti per casi limite. Si partiva dalla realtà per andare verso la sua astrazione, procedimento molto analogo alla filosofia alchemica dove la trasformazione per mezzo della pietra filosofale permetteva il passaggio da uno stato a un’ altro della materia: dai metalli vili all’oro. Per quanto molti la vedevano come una ridicola forma di magia, non mancarono le attenzioni di alcuni scienziati dell’epoca, tra cui Newton, verso questi esperimenti alchemici che aprirono le porte alla nostra chimica moderna.

L’intuizione che la materia poteva trasformarsi cambiando la sua struttura interna rappresentava l’idea di superare quei limiti che il pensiero umano confinava dentro la razionalità e regole, per accedere al divino e ai segreti del cosmo. Era come passare una soglia, un portale dimensionale verso l’infinito per imparare i segreti della creazione cercando l’immortalità sempre per mezzo delle sostanze della pietra filosofale. A oggi, rimangono vane tracce di sperimentazione in laboratorio che per quanto irrazionali e folli, hanno segnato un passaggio importante: quello di superare sempre i limiti per una continua trasformazione che è al di là della forma e della materia per accedere alla pura essenza della vita. ( Pamela Ferri )

Dimensioni variabili_Pamela ferri_2001

Articolo pubblicato sulla rivista cartacea Art App Magazine n. 27

Disarmonie parallele

All’inizio c’è sempre una scintilla da cui tutto ha seguito. Una Matrice intesa come Madre generatrice di infinite visioni del mondo sia a livello macroscopico che nelle sue dimensioni infinitamente piccole e invisibili. Per definizione primaria e fondamentale, la materia che ci circonda è descritta da una funzione d’onda espressa come determinante di una Matrice. Andando oltre il significato scientifico e il suo uso costante nel linguaggio matematico, fisico e chimico, queste tre identità apparentemente astratte: funzione d’onda, determinante e Matrice, lavorano in alchimia tra loro, cercando di aprire la limitata visione del mondo, oltrepassando le dimensioni che l’uomo è in grado di riconoscere solo tramite i suoi cinque sensi. Tutto gli appare reale in un determinato momento finché qualcos’altro lo costringe a cambiare il punto di vista, o meglio, quella realtà che non è unica, ma ha la probabilità di esserlo in quel momento.

Nelle dimensioni macroscopiche la materia occupa spazio, ha un volume, una massa, compresi i suoi passaggi di stato. Può cambiare o modificarsi, secondo interazioni interne ed esterne alla sua struttura base, in sintesi è tutto il mondo naturale che sappiamo riconoscere. In parallelo, nelle dimensioni microscopiche quando si usa la parola materia ci si inoltra nel campo della fisica atomica e subatomica fino ad arrivare a quella nucleare e delle particelle, o fisica delle alte energie. In queste micro dimensioni lo studio della materia spazia con ricerche e sperimentazioni che a tutt’oggi sono in parte dimostrabili e dall’altra ancora molto incerte. Andando per gradi, nella parte della fisica atomica e subatomica la struttura base è quella dell’atomo che per contraddizione è un anti-struttura, cioè invisibile. L’atomo è composto principalmente da tre tipologie di particelle subatomiche che hanno dimensioni ancora più piccole: protoni, neutroni ed elettroni. Protoni e neutroni formano il nucleo, mentre gli elettroni ruotano intorno ad esso tramite degli orbitali, generando un campo magnetico. L’immagine è simile ad un sistema planetario con il sole al centro e i pianeti che girano intorno. Scendendo ancora di scala entriamo nella parte della fisica nucleare e delle particelle, che esplora dimensioni ancora più piccole del nucleo atomico. A tutto questo si affiancano altri canali di ricerca come ad esempio la Teoria delle Stringhe o Teoria del Tutto e la M-Teoria che intraprendono il tentativo di unire la fisica quantistica alla relatività classica. Una ricerca ardua e affascinante nella scoperta continua di come tutto il nostro creato, l’Universo, l’assoluto sia reale. Come è possibile intuire, gli studi s’inoltrano sempre di più nelle dimensioni invisibili, con esperimenti continui e ignoti ai comuni mortali che sono entità tridimensionali e al massimo possono intuire di esistere dentro una quadridimensionalità come il Tempo.

In questo caso ha ragione il filosofo e fisico Meinard Kuhlmann quando scrive: I fisici parlano di un mondo fatto di particelle e campi di forze, ma non é chiaro che cosa siano particelle e campi di forze in ambito quantistico. Invece il mondo potrebbe essere composto da fasci di proprietà quali il colore e la forma. Parlare delle dimensioni invisibili del mondo microscopico è un po’ come pensare agli studi magici che erano propri degli alchimisti con la ricerca di trasformazione dei metalli in oro e argento per mezzo della pietra filosofale. Un’ alchimista era colui che sperimentava e ascoltava la forza della natura, del creato, cercando la Matrice primordiale generatrice di ogni cosa. Non si deve pensare all’alchimia come una versione rozza della chimica perché le sue sperimentazioni di un tempo passato hanno sempre cercato di trovare il legame segreto che c’è tra l’uomo e le potenti forze naturali. Augusto Piccini, chimico e accademico dei primi del novecento scrisse: La chimica, come tutte le scienze, specie sperimentali, non ha tempo. Chi distingue l’alchimia dalla chimica moderna commette un errore. Sull’evoluzione del pensiero e dell’opera umana c’è continuità. L’alchimia non è la chimica antica intanto. La chimica è chimica dal suo inizio fino a oggi. Ci sono delle grandi fermate, come per l’uomo che sta per spiccare il salto al progresso.

Anche per la scienza alchemica esistevano varie discipline derivate come:
l’archimagia, chimica ermetica, crisopea, e la medicina spagirica. Quest’ultima era
chiamata anche medicina dell’equilibrio nata con Paracelso nel 1493 e aveva l’obbiettivo di comunicare che nell’uomo sano le forze dense e sottili sono in perfetto equilibrio, e che la malattia interviene quando questo equilibrio è spezzato. Si tratta disquilibri energetici causati dall’interruzione tra il microcosmo che è l’uomo, il macrocosmo locale che appartiene ai tre regni (minerale, vegetale, animale) e il macrocosmo che è l’universo. Fondamentale era la scelta delle piante e dei minerali secondo il disturbo della malattia, poiché per la concezione alchemica tutto ciò che c’è nel macrocosmo si riflette nel microcosmo. Dalla cura della malattia arriviamo alla psicologia con lo psichiatra e psicanalista Carl Gustav Jung che grazie all’incontro con l’alchimia riuscì a dare una svolta nello studio dei processi psicotici e nevrotici dei suoi pazienti. La deduzione che tutto era collegato a corrispondenze visibili e invisibili del cosmo, gli permise di comprendere come la scienza alchemica era un’azione di purificazione e trasformazione della psiche umana dalle tenebre e dalla paura per arrivare a una evoluzione della personalità: Siamo così abituati alla natura apparentemente razionale del nostro mondo che facciamo fatica a immaginare che possa accadere una qualsiasi cosa che non possa essere spiegata dal buon senso.

Cambiano i tempi, gli strumenti e il tipo di sperimentazione, ma la domanda rimane la stessa: come tutto questo è stato generato? Qual’è la fonte primaria, la Madre, la Matrice primordiale per eccellenza? In un certo senso l’indagare nell’ignoto ci piace, ci rende vivi e partecipi di qualcosa che è più grande di noi. Possiamo dargli dei nomi come: Dio, Allah, Buddha, Divinità, Dei, Universo, Cosmo; possiamo perfino immaginare l’infinito e inventare dei simboli collegati a significati mistici o magici, ma una cosa non dobbiamo fare, pensare di essere indispensabili perché la potente Natura continua il suo cammino anche senza l’essere umano.

DISARMONIE PARALLELE di Pamela Ferri_Articolo pubblicato su ArtApp Magazine n. 26

Immagini: STELLA MADRE di Pamela Ferri

performance: Anima Astrale_Luisiano Schiavone; Corpo Terrestre_ Federica Faishà Lenzi,

Foto di Fabio Turri

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Un salto nella realtà dello zero

Se non c’è Zero, non c’è continuità ne valore intermedio tra due esistenze di qualunque forma o funzione. Ma anche nel non senso, paradossalmente, lo Zero assume importanza perché permette di connettersi almeno in un punto di realtà. Proprio questo punto stabilisce involontariamente la continuità tra la dimensione del mondo come lo conosciamo e le cosi dette dimensioni parallele. Possiamo paragonarlo ad un salto quantico dove tutto ha una molteplicità di sfaccettature. Le nostre azioni, sentimenti, pensieri, emozioni, in sintesi la nostra stessa vita, non finisce con la morte del corpo perché esso è solo il punto Zero dell’Anima che viaggia nell’Infinito. Se nel Teorema dello Zero c’è bisogno di continuità tra due estremi A e B, nel salto quantico c’è una sorta di passaggio dove non ci sono percorsi intermedi e lo zero non è più un punto tra due esistenze ma lo spazio necessario per intersezioni molteplici basate su trasporti temporali non collegati al corpo materiale ma all’energia di corpi vibranti connessi tra loro tramite l’elettromagnetismo. Tali campi elettromagnetici sono forze potenti, che non solo appartengono al nostro pianeta irradiandosi dal suo nucleo fino alla superficie terreste, ma andando oltre e arrivando nel cosmo. Un’unica architettura concepita come fosse una grande maglia strutturale invisibile con punti d’incrocio detti “nodi” paragonabili al valore zero. Infinite intersezioni spaziali che non servono solo a collegare e sostenere un qualunque sistema ma fungono come accumuli energetici. Questi spazi di connessione provocano anche nel nostro organismo diversi stati dell’Essere che se polarizzati correttamente, raggiungono alti gradi di benessere interiore oltre ad innescare un equilibrio elettromagnetico più grande che unito ad altre forze cosmiche crea possibili passaggi ed espansioni dimensionali attraverso il Tempo.

Isaac Asimov, scrittore, biochimico e divulgatore scientifico, nel suo romanzo di fantascienza “La fine dell’eternità” non solo racconta di un viaggio nel tempo, ma come poterlo manipolare con l’intento di eliminare dalla realtà tutte le imperfezioni della storia umana. Rendere inaccessibile il susseguirsi degli eventi, la loro continuità con le loro imperfezioni significherebbe non avere nessun punto intermedio, nessun valore zero che connetta liberamente due o più esistenze. Se pur in un romanzo di fantascienza, l’autore tocca un argomento importante, che è il tentativo continuo di controllare gli eventi tramite una falsa Eternità. Fortunatamente la Realtà o le realtà parallele, in qualche maniera non razionale, riescono a sgretolare costantemente questo tentativo distruttivo perché come sosteneva Asimov: Il numero di Realtà è infinito. Il numero di ogni sottoclasse di Realtà è infinito. Ad esempio, il numero di Realtà che contengono l’Eternità è infinito, il numero di Realtà che non la contengono è infinito, il numero di Realtà in cui l’Eternità esiste ma viene abolita è infinito.

Immaginiamo per un istante cosa ci accadrebbe se fossimo solo anima e pensiero senza l’involucro del corpo che possiamo paragonare alla nostra “casa” materica. Immaginiamo ancora di viaggiare nel Tempo, muoverci velocemente senza il peso gravitazionale. L’infinito e il Tempo si materializzerebbero costantemente come Realtà e non come un qualcosa di invisibile che non si può toccare perché in quel momento non possiamo toccare neanche noi stessi. Allora, forse vedremmo la loro struttura, il loro vero spazio che contiene il nostro perché fatti della stessa sostanza, della stessa essenza; il punto zero che esiste in una continuità spaziotemporale che si  connette a  noi e viceversa proprio come scriveva nel 1961 in “ Ricordi, sogni e riflessioni” il filosofo Carl Gustav Jung scrive: La nostra psiche è costituita in armonia con la struttura dell’universo, e ciò che accade nel macrocosmo accade egualmente negli infinitesimi e più soggettivi recessi dell’anima.

Il punto zero dell’interconnessione tra l’esterno di una geometrica armonica della natura insieme a quella  artificiale costruita dall’uomo con il nostro interno, fatto essenzialmente dal pensiero intuitivo e logico, anima e spirito, dovrebbe produrre un certo equilibrio. Ma se questo punto di connessione è sempre in continuo movimento nella realtà temporale, come possiamo mantenere costante  e continuativo un rapporto del genere? Tutto ciò non sarebbe veritiero, perché nella fase di continuità, sia nel mondo reale e visibile, che in quello sottile delle energie che sprigioniamo e assorbiamo come magneti, il rapporto tra l’esterno e l’interno ha necessità di mutare e trasformarsi ciclicamente, non di adeguarsi ad un certo ordine come àncora di salvataggio. Tutto questo si ripete dimensionalmente dalla scala microscopica a livello cellulare a quella multidimensionale, espansa o compatta dell’Universo perché anche esso può ricominciare da Zero. In una delle ultime ricerche della cosmologia moderna si è dimostrato che a ogni Big bang, cioè a ogni “rinascita”, l’Universo potrebbe avere la possibilità di ricominciare da zero: ovvero, “dimenticare” il suo passato e svilupparsi in modo diverso.

Che cos’è tutto questo? Semplicemente un salto nel grado zero della realtà, o meglio, un salto nella realtà dello  zero e non c’è da stupirsi perché lo zero è un numero, un valore straordinario. Simboleggia ciò che sta prima dell’uno, ma al tempo stesso contiene l’uno, se è vero che zero elevato a potenza zero dà uno. Contiene non solo quel che non è ancora ma addirittura quel che esso nega. Posto lo zero, è posto anche l’uno; e con l’uno la serie infinita dei numeri, vale a dire il Tempo nella sua continuità lineare o parallela e la possibilità che le cose accadano. Ce ne serviamo per indicare una realtà negativa, realtà che non esiste compiendo operazioni impossibili e riuscendo a pensare ciò che diversamente resterebbe inaccessibile. Lo zero pur viaggiando in parallelo con il concetto metafisico del Nulla, ha una sottile differenza: è un qualcosa, un numero, un simbolo, anche quando abbiamo una realtà puramente negativa o una realtà che viene prima della realtà, come il tempo immaginario che sta prima del tempo reale. Il nulla non è nulla ma vale il suo concetto metafisico sul senso e non senso dell’Esistenza; ovviamente cosa non da poco ma se guardato da un’altra prospettiva si può accedere tramite l’intersezione Zero nei sui mondi infiniti.  

Che cos’è Niente? È Niente. Come la Divinità, Niente è immenso, incommensurabile e si stende al di là di tutte le cose. Niente è immutabile e indivisibile: non può essere aumentato o diminuito. Aggiungete Niente a Niente e il risultato è Niente. Sottraete Niente da Niente e resterà sempre Niente. Niente viene da Nessuno, e tutto quello che vediamo nella natura proviene da Niente. Questo sole così luminoso, questi astri così brillanti, queste affascinanti fontane, queste così ridenti praterie, queste pianure tanto gradevolmente diverse, questi laghi, questi mari, queste montagne, queste miniere così preziose che in esse si nascondono, tutto ciò è stato fatto da Niente”.

(Luis Coquelet _Elogio di Niente Dedicato a Nessuno)

Articolo pubblicato su ArtApp Magazine n. 25

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Matrice Frattale ArtApp Magazine n.23

La Terza Superficie

Una superficie è per definizione una forma geometrica senza spessore che considera solo due dimensioni, e la matematica è alla base di questa spiegazione elementare. Può essere costruita in vari modi, tutti riconoscibili e riscontrabili nella geometria euclidea. Quando però, queste nozioni o qualunque altra nozione passa attraverso la Legge dei Tre Principi o delle Tre Forze, la prima Realtà cambia all’istante attirando a sé un’energia quasi magica grazie alla presenza della Terza Forza.

Per Georges Ivanovič Gurdjieff, filoso, scrittore mistico e maestro di Danze Sacre, una forza o due non possono mai produrre un vero evento. La presenza di una terza forza è necessaria, perché è unicamente col suo aiuto che le prime due possono produrre un evoluzione, su qualsiasi piano e in qualunque dimensione. La prima  forza è attiva o positiva, la seconda è passiva o negativa, la terza è neutralizzante. Tutte e tre devono lavorare insieme in un punto d’incontro ed entrare in relazione le une con le altre. La nostra percezione dello spazio e del tempo rende riconoscibili le prime due come facilmente si riconoscono  le due dimensioni di una superficie. Difficile è individuare la terza che analogamente è come percepire spazialmente la quarta dimensione e oltre facendoci vedere la Realtà così com’è, priva di illusorie interpretazioni.

Le Superfici Bianche del pittore Enrico Castellani sono  una visione oggettiva e tangibile delle Tre Forze; opere che si muovono rigorosamente tra l’assenza e la segretezza per far emergere la forza intrinseca della Terza Superficie: «Volevo che ciò che stavo facendo fosse indiscutibile, non interpretabile, qualcosa che è e basta. Così ho iniziato a interessarmi della tela con il rilievo, sensibilizzando la superficie per renderla percettibile. L’ho posta nel modo più impersonale possibile, suddividendo la tela in parti uguali con un reticolo geometrico elementare, proprio perché una imperfezione o uno spostamento da un allineamento non creasse un turbamento di questo fare impersonale.» ha spiegato l’artista.

Enrico Castellani, Velleno, 1970. Photo Aurelio Amendola

Quel qualcosa che è e basta, per Castellani era lo stato dell’Essere, una condizione necessaria per attivare la parte neutralizzante dentro e in superficie delle sue opere, perché come sosteneva G. I.Gurdjieff, l’uomo nasce senz’anima e la deve creare durante il corso del tempo della sua vita, altrimenti morirà come è nato, ossia senza di essa. Per farlo serve disciplina. Il rigore dell’ordine, proprio delle opere di Castellani, allo spettatore arriva potente e produce una sensazione di pace fuori tempo.

Ad un certo punto del suo percorso artistico l’uso del bianco è determinante, come il simbolo di una metamorfosi dell’infinito ritmo temporale che plasma le superfici, così come avviene dall’Ambiente Bianco del 1967. Questo bianco sembra seguire la “teoria del colore” del poeta romantico Johann W. Goethe, che opponendosi nettamente al pensiero newtoniano, considerava l’emergere del colore dall’interazione fra la luce e il buio. I colori per Goethe non sono realtà primarie che compongono la luce bianca, ma sono un fenomeno complesso che sorge da questa interazione, in particolare all’interfaccia tra luminosità e oscurità.

A tal proposito Rudolf Steiner in “Le opere scientifiche di Goethe” scrive: “La fisica moderna non ha veramente nessun concetto della luce; non conosce che luci specificate, colori che, in determinate combinazioni, suscitano l’impressione del bianco. Ma anche questo bianco non deve venire identificato con la “luce” in sé. Anche il bianco non è in fondo altro che un colore combinato. La “luce” nel senso goethiano non è nota alla fisica moderna e nemmeno la “tenebra”.[…] Goethe comincia là dove la fisica finisce.” 

Quindi, non il bianco, ma la Luce Bianca delle superfici di Castellani è ciò che arriva all’occhio di chi le guarda; non solo puro rigore geometrico ma un’ordine estremo che parte da un’azione impersonale per arrivare a toccare l’Anima cosmica della sua opera. Il segreto di questa magia però non è nascosto solo nella superficie ma anche nel retro delle opere: una vera è propria costruzione strutturale con posizionamenti di listelli equidistanti l’uno dall’altro che suddividono l’intera area del piano, partendo dal bordo.     Una tripla superficie: la prima, quella del telaio, che sprigiona forze attive; la seconda, quella della tela, che sprigiona forze passive; e infine la terza, quella neutralizzante, data dall’ancoraggio della prima con la seconda tramite il fissaggio di chiodi o elementi sferici. 

Un’azione, quest’ultima, quasi meditativa dove ogni posizionamento del chiodo o del corpo sferico mette in tensione e trazione la seconda superficie con la prima, creando così dei movimenti introflessi ed estroflessi. Ogni ancoraggio è il punto d’incontro della triade di forze, positiva – negativa – neutralizzante, e da vita all’osservazione del fenomeno di oltrepassare la terza dimensione. La sensazione non è solo visiva ma anche mentale che senti così com’è, pulita, ritmicamente delicata come fosse il volo di una farfalla che si muove armoniosamente con il vento a favore, ma estremamente resistente quando esso è contrario.

Il rigore assoluto di questo grande artista non è dato da un meccanismo automatico dell’azione creativa pur ripetendone all’infinito i gesti, ma da una volontà interiore che vuole rompere i limiti della “macchina umana” con i suoi automatismi e le sue azioni che non sono il prodotto di stimoli esterni, ma il risultato di una scelta cosciente. Esattamente come sosteneva Gurdjieff nei suoi insegnamenti e pratiche di esercizi di presenza, quando diceva “tu dimentichi, non hai memoria, dimentichi. Devi ripetere, ripetere, ripetere. Non hai potere di concentrazione. È lo stesso per tutti. Questo è lo scopo del lavoro. Se un uomo potesse concentrarsi e mantenere l’attenzione soltanto per un quarto o per un’ora senza essere distratto, sarebbe grande come la vostra Notre Dame, come Cristo. Gli chiederei di essere il mio maestro”. 

Enrico Castellani traccia realmente uno spostamento di linguaggio per tutta l’arte contemporanea; un raro esempio di umiltà artistica e umana che ci ha lasciato un profondo insegnamento grazie al messaggio sottile del suo lavoro interiore, esplicitato non solo come atto creativo.

Pamela Ferri_2021

Incontri con uomini straordinari” film del 1979 di Peter Brook, tratto dall’omonimo romanzo di G.J. Gurdjieff

Testo pubblicato nella rivista semestrale ArtApp n.24 “L’ ombra e il silenzio” _2021

Iper-dimensionalità compressa del Tempo

 Nuove relazioni di viaggio nel Verso__ periodo Tempor(e)ale tra il 2001-2005__”Iper-dimensionalità compressa del Tempo” di Pamela Ferri _ ( primo tentativo di analisi dell’iper-dimensionalita TempoR(e)ale) 


1) L’ IPER-DIMENSIONALITA’ COMPRESSA: il collasso delle dimensioni

La nostra superficie mentale è sferica, ha la proprietà di essere finita ma senza avere confini. Un osservatore potrebbe guardare tutto lo spazio che lo circonda senza incontrare mai nessun bordo che limiti la sua percorrenza mentale. (imm.1)

Ma la nostra visione fisica dello spazio è piatta, raggiunge una volumetria quando ricurva su se stessa e l’anti-dimensionalità quando comprime in un unica superficie la stessa ricurvatura spaziale. (imm.2)

Detto questo, si deve porre attenzione su due elementi base; uno tende ad appartenere alla percorrenza mentale e l’altro alla percorrenza fisica: il Tempo e lo Spazio. Stando alla parole pronunciate da Hermann Minkowski in una conferenza del 1908:

“D’ora in poi lo spazio in quanto tale e il tempo in quanto tale sono destinate a svanire come pure e semplici ombre, e solo una specie di unione dei due continuerà ad avere una realtà indipendente (…) Ciò che è vero per lo spazio è vero anche per il tempo” (H. Minkowski, 1908)

Si può parlare di un’unica visione TempoR(e)ale data dalla curvatura di tutto lo spazio infinito della percorrenza mentale e il tendere alla compressione in un unica superficie finita tramite la percorrenza fisica, che non è soltanto quella dell’essere umano, ma anche della Luce, di una meteora, di un atomo, di una particella o meglio di tutti, dello stesso elemento Tempo. Possiamo ipotizzare che si è in un certo senso, in una situazione quadrimensionalmente compressa. E’ inevitabile immaginare che le conseguenze spaziali sono al di là della terza e della quarta dimensione; il termine più appropriato è: iper-dimensionalità . Quest’ultima è raggiunta grazie alla velocità di compressione dello spazio ricurvo percorso.  Più la velocità diventa imprendibile e più si crea un immagine di energia priva di direzioni ma piena di vibrazioni e tensioni spaziali. (imm.3)

Detto questo è importante sottolineare che il Tempo sostiene lo Spazio. Il Tempo è la velocità di compressione e lo spazio è il supporto al nuovo “Corpo di Energia”. che si viene a formare man mano e si organizza, tramite le vibrazioni e le tensioni spaziali della velocità di compressione del Tempo. Si intuisce che il misuratore dell’iper-dimensionalità compressa è il Tempo. E’ lui l’elemento che permette il passaggio senza bordi, dalla spazialità infinita dell’anti-immagine, a quella finita dell’immagine. Tutta questa realtà è contenuta in un’unica superficie spaziale.  


2) LA REALTA’ DELLA COMPRESSIONE ( costruzione reale dell’immagine)

Il fenomeno di realtà si manifesta soltanto quando qualcuno la osserva. Questa Realtà è sempre doppia: una limitata e l’altra illimitata. E’ la doppia faccia della nostra mente. L’immagine, nella prima versione di realtà (quella limitata) è focalizzata su di una superficie estesa dalle coordinate spaziali x,y,z. Quello che vediamo è limitato per il semplice motivo che la nostra mente riesce ad immaginare all’Infinito ma ad individuare materialmente una cosa alla volta. Siamo forzati a campionare la realtà perchè non possiamo trattarla tutta insieme (collasso dell’immagine). La rivoluzione costruttiva della realtà di un immagine è la compressione. 

Questa riesce, comprimendo tutte le direzioni in un unica superficie, a far si che l’immagine inglobi tutte le quantità dimensionali illimitate che la mente arriva a pensare ma non può vedere. Comprimendo tutto, significa comprimere tutte le forze, sia di estensione che di rotazione (sia fisica che mentale). Questo porta all’anti-collasso dell’immagine. Il risultato è un corpo di energia iper-dimensionale compresso in un unica superficie. Più le forze si compattano, più l’iper-immagine momentanea,  priva di bordo, diventa nitida e reale.


3) COLLANTE E COMPRESSIONE SENZA BORDO

Il corpo di energia oltre ad essere iper-dimensionale è anche iper-simmetrico ma, come tutte le situazioni che fin ora si sono elencate, esiste anche qui l’altra faccia della stessa medaglia. Le forze dimensionali estese e arrotolate, se pur disordinate, una volta compresse devono rimanere unite e non disperdersi. Il collante di tutte queste forze compattificate prende il nome di supersimmetria (o specularità asimmetrica). Il collante supersimmetrico non influisce sulla forma dell’iper-immagine ma rende uguali (proprio per la legge di simmetria) tutte le forze che sono compresse nella superficie risultante, uguagliando le forze estese con le forze arrotolate, facendo in modo da ottenere un’unica vibrazione e tensione spaziale. Detto questo è da sottolineare che l’elemento fondamentale che rende l’immagine iper-dimensionale e iper-simmetrica è il Tempo. In sintesi: Il Tempo è la velocità d’azione che comprime in un unico spazio sia le forze arrotolate e infinite, sia le forze estese e finite, dopo di che il collante supersimmetrico fa la sua parte. (imm. 5)  

A questo punto non è complicato comprendere ciò che si è già detto nel paragrafo 1):    (…) Il Tempo sostiene lo spazio e, se il tempo è la velocità di compressione iper-dimensionale, lo spazio è il supporto al nuovo corpo di energia. Il Tempo è l’elemento che permette il passaggio senza bordi dalla spazialità infinita a quella finita di una figura. Tutta questa realtà è contenuta in un unica superficie spaziale (…) 


4) LA TERZA SUPERFICIE ( o figura iper-dimensionale)

La compressione è in bilico tra autodistruzione e autocostruzione di una figura risultante. La velocità con cui si schiacciano le due realtà di spazio (ricurva ed estesa, finita e infinita) tende ad un autodistruzione dell’immagine che si sta formando. Ma questa autodistruzione non accade, perché il tempo non è soltanto la velocità di compressione, ma è anche il misuratore della sua stessa azione: Il Tempo controlla il Tempo e sostiene lo Spazio. Più una superficie viene compressa e meno esiste la distanza delle forze che la compongono. Diminuendo all’estremo le distanze, finito e infinito si uniscono senza fondersi, dando vita ad un unica immagine di Energia.  L’Azione della velocità del Tempo diventa speculare. Le due distanze vengono compresse dall’esterno verso un solo interno e nessuna sovrasta l’altra; la velocità di compressione del finito si schiaccia verso l’infinito e viceversa.  (imm.7)

Entrambe arrivano a configurarsi in un’unica superficie di spazio: Autocostruzione dell’immagine. Qui, tutti i movimenti, vibrazioni e tensioni sono visibili in un unica visione apparentemente bidimensionale: Terza Superficie iper-dimensionale. La Terza superficie è la visione fortemente reale di tutto il movimento finito-infinito che un corpo può avere e nello stesso istante materializzare. E’ una “figura” che annulla le nostre quotidiane coordinate Tempospaziali dell’alto-basso-destra-sinistra, rendendole compatte e armoniosamente in espansione.


Link utili:

The Heroine’s Journey of Pamela Ferri

Avatar di peterdekusterThe Heroine's Journey

What is the best thing that I love about my work? Through my work I am able to face new challenges and reborn each time. Experimentation and its triggering in daily life, is for me, a continuous victory and a confirmation of how immense is the power of thought.

What is my idea of happiness? Happiness isn’t an idea for me; it comes suddenly and fades away just as quickly. It’s an emotion that doesn’t last, but it repeats itself in life giving you fantastic moments. It is not possible to be always happy, just as it isn’t possible to be always sad. These emotions are part of the balance of our Existence.

What is my greatest fear? My research is based on the concept of Infinity, besides being my greatest passion it is also my greatest fear. It is precisely to overcome fears that a person must face them…

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AIUTATI CHE DIO TI AIUTA

Aiutati che Dio ti aiuta, quante volte la mia cara nonna Angela ripeteva questa frase…e io la guardavo sorridendo con mia sorella, come quando diceva “oi, passame lo sssuccaro” invece di: “mi puoi passare lo zucchero?”… che ridere senza pensieri! Sono passati tanti anni, la mente va all’infinito come un Tempo parallelo. E in tutti questi anni, sembra che dentro di me, non sia passato così tanto tempo e il rapporto tra l’infinito dell’Essere e la “realtà” cronologica della vita non combaciano perfettamente… per fortuna! Con questa breve e semplice introduzione dedicata alla mia nonna apro l’articolo: Aiutati che Dio ti aiuta.

Cosa ha significato e significa per me, nel mio percorso di ricerca e nella mia vita che è in connessione con il Tutto e le sue parti? Questa frase, mi accompagna in ogni azzardo che faccio; In ogni decisione che prendo; in ogni azione che intraprendo. E’ la sperimentazione pura, la ricerca indipendente, il sentiero da aprire per lasciare qualche traccia. Non importa quanto ho sbagliato, ho fallito o centrato il bersaglio; la cosa importante è che l’ho fatto e senza ombra di dubbio quell’azione scatenata dall’istinto, raffinata con il pensiero, è diventata Vera e Reale… insomma R-Esistente.

Ho sempre immaginato, sia nel mio percorso artistico che progettuale, di materializzare un qualcosa che non si capiva bene come e quando poteva essere compresa o utilizzata; Ebbene, quel qualcosa, con il tempo è diventata per il mio lavoro, un punto di riferimento continuo; un codice importante da decodificare ogni volta cambiando la password e aggiornando i dati. Tutto questo è a livello di macchina umana e non come intelligenza artificiali. E’ la Matrice della mia Macchina; detta così sembra che parli di un film di fantascienza, ma la realtà è che tutti abbiamo una Matrice ben precisa che ci dà accesso ai Mondi e al Cosmo sia nel suo Macro, che nel suo Medio, che nel suo Micro. La mia Matrice è legata al nome di Mater (Madre) e decodificata come Universale o Stellata: https://pamelaferri.com/2020/02/08/matricemater-stellata-o-universale/

Partendo dal codice base del linguaggio della MatriceMater Universale o Stellata vi presento alcune sue materializzazioni in grande scala attuate sia come progetti di spazi interni, sia come strutture esterne/interne pensate a livello d’installazione artistica che come puro corpo strutturale. Le due cose in realtà, sono le due facce della stessa medaglia, e alcune volte viene testa e altre croce!


2019 “M – ENNESIMA _INSTALLAZIONE STRUTTURALE SITE SPECIFIC” di Pamela Ferri a cura di Cristina Ettori – Organizzato da Rotary Club Soncino e Orzinuovi e con il patrocinio del Comune di Soncino. Link di riferimento: https://pamelaferri.com/m-ennesima-installazione-strutturale/https://archello.com/project/m-ennesimasite-specific-structural-installation


2015      “STRELITZIA_FIORE ALCHEMICO” di Pamela Ferri  per  @Inchiostro depArture” a cura di ZOE impresa sociale_ Stazione di Rogoredo_dal 28 Aprile all’ 8 Maggio. In collaborazione con Centostazioni S.p.A. (Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane e Gruppo Save) e il patrocinio di EXPO2015 . Link di riferimento: https://pamelaferri.com/strelitzia-fiore-alchemico/


2011       Struttura Installativa (X)enZero di Pamela Ferri: ricerca-sperimentazione e realizzazione di una installazione strutturale multi-funzionale a configurazione continua. Link di riferimento: https://pamelaferri.com/installazioni-strutturali/https://www.archilovers.com/projects/198295/stuttura-x-enzero-di-pamela-ferri.html


2008        MatriceMater TempoR(e)ale = Geometrie Zumoidi per la vita domestica di Pamela Ferri : Realizzazione di un appartamento a Roma (casa Artale). Progetto di Pamela Ferri. Committente: Marina Artale. Impresa: Urban New Project srl. Testo di Matteo Poli, foto di Giovanna Silva. Abitare n. 488. Numero spaciale: Ossigeno Italiano. Link di riferimento: https://pamelaferri.com/casa-artale/https://archello.com/project/artale-house-2


2006     MatriceMater TempoR(e)ale = Geometrie Spaziali di Pamela Ferri : Realizzazione del Night Club “A TuxTu”_Roma; “Disco Merz” Testo di Carlo Antonelli_ da Domus n. 894 e Domus China n.007_ a cura di Laura Masceroni e Matteo Poli_ progetto di Pamela ferri_ foto di Ramak Fazel. Link di rifermimento: https://pamelaferri.com/night-club-a-tu-x-tu/


Nel prossimo racconto della Matrice saranno evidenziate le sue dimensioni Medie… un percorso a tappe che mi piace raccontare! Vi saluto sempre con un po di musica nel sangue e nell’Anima!

Pamela

MatriceMater Stellata o Universale

La MatriceMater Stellata o Universale è il gioco dell’infinito nel creare immagini, figure, corpi più o meno strutturati, geometrici o curvilinei. Dal Micro al Macro il cambio di piano o dimensione non ha importanza. La forza è nel suo codice primario: un ritmo che definisce il Tempo creando Spazio e non il contrario. Il Tempo è pieno di Forma e lo spazio lo plasma secondo l’esigenza della MatriceMater Stellata o Universale. In essa i segni base partono da una M (Emme): quattro lettere, come quattro sono le direzioni nel piano o gli elementi base della natura (Fuoco, Acqua, Aria e Terra);

La MetaMaterMagic (1)-convertito

M, dove (semi)rotando la sua Metà si ottiene un Rombo, prima sagoma della MatriceMater Stellata. Da qui il significato di copia lascia il posto alla ripetitività frattale del Rombo formatosi partendo dalla M che, pur essendo delimitato in una geometria finita, possiede una lunghezza infinita e, nonostante la sua apparente semplicità, genera una figura complessa, la cui frontiera – cioè il suo perimetro – è disseminata da un’infinità di minuscoli insiemi somiglianti e mai uguali a quello di partenza.  MMM_ CorpoReale Nella MatriceMater esistono due fasi: quella che va dal 2000 al 2010 identificata nella  MatriceMater Universale  e,  quella che va dal 2010 ad oggi nominata: MatriceMater Stellata che ha in se quella Universale. Una sintesi con la forma di una Stella a Cinque punte aperta  in rotazione spirale dal rombo maggiore a quello minore. Moltiplicando infinite volte questo Sistema l’immagine iniziale si perde per strutturare lo Spazio o dare forma a qualcosa. La Stella iniziale si apre e diventa Universale. Tutto cambia ma il codice base rimane lo stesso.

E’ un SistemaSferico che funziona come il nostro SistemaSolare. Tutto è mantenuto in orbita dalla Forza gravitazionale della Matricemater (Forza Matrice).

Sistema solare della MatriceMater Stellata

Nel prossimo articolo parlerò dei Corpi Matrice che si sono formati nel Tempo di questa ricerca. Un saluto stellare a tutte le Anime ribelli! Pamela

 

 

 

 

 

 

Primo articolo di una storia Infinita

Mi presento, sono Pamela Ferri autrice della MatriceMater Stellata o Universale. sono una ricercatrice indipendente e in questo blog cercherò di raccontare la mia storia piena di tante avventure, collaborazioni e viaggi, tutti connessi alla mia ricerca sia artistica che architettonica. Ovviamente ci sarà molto sulla MatriceMater; da dove nasce, le intuizioni e informazioni di studio a lei legate. Insomma, una condivisione di una parte di Me e di Lei, la Matrice, con tutti i lettori che capiteranno o per volontà o casualmente in questo SpazioTempoR(e)ale di nome: MatriceMater Stellata o Universale. foto nlla foto

“Foto nella Foto di Me_2020”: regalo di un caro Amico Astrale: Luisiano Schiavone

 

Dimenticavo…si procederà sempre a ritmo di musica…e loro sono i miei idoli!