La Terza Superficie

Una superficie è per definizione una forma geometrica senza spessore che considera solo due dimensioni, e la matematica è alla base di questa spiegazione elementare. Può essere costruita in vari modi, tutti riconoscibili e riscontrabili nella geometria euclidea. Quando però, queste nozioni o qualunque altra nozione passa attraverso la Legge dei Tre Principi o delle Tre Forze, la prima Realtà cambia all’istante attirando a sé un’energia quasi magica grazie alla presenza della Terza Forza.

Per Georges Ivanovič Gurdjieff, filoso, scrittore mistico e maestro di Danze Sacre, una forza o due non possono mai produrre un vero evento. La presenza di una terza forza è necessaria, perché è unicamente col suo aiuto che le prime due possono produrre un evoluzione, su qualsiasi piano e in qualunque dimensione. La prima  forza è attiva o positiva, la seconda è passiva o negativa, la terza è neutralizzante. Tutte e tre devono lavorare insieme in un punto d’incontro ed entrare in relazione le une con le altre. La nostra percezione dello spazio e del tempo rende riconoscibili le prime due come facilmente si riconoscono  le due dimensioni di una superficie. Difficile è individuare la terza che analogamente è come percepire spazialmente la quarta dimensione e oltre facendoci vedere la Realtà così com’è, priva di illusorie interpretazioni.

Le Superfici Bianche del pittore Enrico Castellani sono  una visione oggettiva e tangibile delle Tre Forze; opere che si muovono rigorosamente tra l’assenza e la segretezza per far emergere la forza intrinseca della Terza Superficie: «Volevo che ciò che stavo facendo fosse indiscutibile, non interpretabile, qualcosa che è e basta. Così ho iniziato a interessarmi della tela con il rilievo, sensibilizzando la superficie per renderla percettibile. L’ho posta nel modo più impersonale possibile, suddividendo la tela in parti uguali con un reticolo geometrico elementare, proprio perché una imperfezione o uno spostamento da un allineamento non creasse un turbamento di questo fare impersonale.» ha spiegato l’artista.

Enrico Castellani, Velleno, 1970. Photo Aurelio Amendola

Quel qualcosa che è e basta, per Castellani era lo stato dell’Essere, una condizione necessaria per attivare la parte neutralizzante dentro e in superficie delle sue opere, perché come sosteneva G. I.Gurdjieff, l’uomo nasce senz’anima e la deve creare durante il corso del tempo della sua vita, altrimenti morirà come è nato, ossia senza di essa. Per farlo serve disciplina. Il rigore dell’ordine, proprio delle opere di Castellani, allo spettatore arriva potente e produce una sensazione di pace fuori tempo.

Ad un certo punto del suo percorso artistico l’uso del bianco è determinante, come il simbolo di una metamorfosi dell’infinito ritmo temporale che plasma le superfici, così come avviene dall’Ambiente Bianco del 1967. Questo bianco sembra seguire la “teoria del colore” del poeta romantico Johann W. Goethe, che opponendosi nettamente al pensiero newtoniano, considerava l’emergere del colore dall’interazione fra la luce e il buio. I colori per Goethe non sono realtà primarie che compongono la luce bianca, ma sono un fenomeno complesso che sorge da questa interazione, in particolare all’interfaccia tra luminosità e oscurità.

A tal proposito Rudolf Steiner in “Le opere scientifiche di Goethe” scrive: “La fisica moderna non ha veramente nessun concetto della luce; non conosce che luci specificate, colori che, in determinate combinazioni, suscitano l’impressione del bianco. Ma anche questo bianco non deve venire identificato con la “luce” in sé. Anche il bianco non è in fondo altro che un colore combinato. La “luce” nel senso goethiano non è nota alla fisica moderna e nemmeno la “tenebra”.[…] Goethe comincia là dove la fisica finisce.” 

Quindi, non il bianco, ma la Luce Bianca delle superfici di Castellani è ciò che arriva all’occhio di chi le guarda; non solo puro rigore geometrico ma un’ordine estremo che parte da un’azione impersonale per arrivare a toccare l’Anima cosmica della sua opera. Il segreto di questa magia però non è nascosto solo nella superficie ma anche nel retro delle opere: una vera è propria costruzione strutturale con posizionamenti di listelli equidistanti l’uno dall’altro che suddividono l’intera area del piano, partendo dal bordo.     Una tripla superficie: la prima, quella del telaio, che sprigiona forze attive; la seconda, quella della tela, che sprigiona forze passive; e infine la terza, quella neutralizzante, data dall’ancoraggio della prima con la seconda tramite il fissaggio di chiodi o elementi sferici. 

Un’azione, quest’ultima, quasi meditativa dove ogni posizionamento del chiodo o del corpo sferico mette in tensione e trazione la seconda superficie con la prima, creando così dei movimenti introflessi ed estroflessi. Ogni ancoraggio è il punto d’incontro della triade di forze, positiva – negativa – neutralizzante, e da vita all’osservazione del fenomeno di oltrepassare la terza dimensione. La sensazione non è solo visiva ma anche mentale che senti così com’è, pulita, ritmicamente delicata come fosse il volo di una farfalla che si muove armoniosamente con il vento a favore, ma estremamente resistente quando esso è contrario.

Il rigore assoluto di questo grande artista non è dato da un meccanismo automatico dell’azione creativa pur ripetendone all’infinito i gesti, ma da una volontà interiore che vuole rompere i limiti della “macchina umana” con i suoi automatismi e le sue azioni che non sono il prodotto di stimoli esterni, ma il risultato di una scelta cosciente. Esattamente come sosteneva Gurdjieff nei suoi insegnamenti e pratiche di esercizi di presenza, quando diceva “tu dimentichi, non hai memoria, dimentichi. Devi ripetere, ripetere, ripetere. Non hai potere di concentrazione. È lo stesso per tutti. Questo è lo scopo del lavoro. Se un uomo potesse concentrarsi e mantenere l’attenzione soltanto per un quarto o per un’ora senza essere distratto, sarebbe grande come la vostra Notre Dame, come Cristo. Gli chiederei di essere il mio maestro”. 

Enrico Castellani traccia realmente uno spostamento di linguaggio per tutta l’arte contemporanea; un raro esempio di umiltà artistica e umana che ci ha lasciato un profondo insegnamento grazie al messaggio sottile del suo lavoro interiore, esplicitato non solo come atto creativo.

Pamela Ferri_2021

Incontri con uomini straordinari” film del 1979 di Peter Brook, tratto dall’omonimo romanzo di G.J. Gurdjieff

Testo pubblicato nella rivista semestrale ArtApp n.24 “L’ ombra e il silenzio” _2021

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